Abbiamo già affrontato il tema delle forme nella nautica e nella pietosa corsa all’imitazione delle auto. E se le auto vanno in direzione “Transformer” le barche, purtroppo, seguono lo stesso trend, cioè spigoli e volumi angolari, poca armonia e aggressività. Non si capisce il bisogno di aggressività in un elemento come il mare dove il rispetto è d’obbligo e dove l’umiltà dovrebbe regnare sovrana, ma si sa, in mare ci sono ben pochi marinai.
Il tutto è diventato il solito circo dove esibire è più importante che navigare. Ma è il mercato che fa le regole e noi, romantici amanti del mare, appassionati del secolo scorso, dobbiamo solo stare a guardare.
Per fortuna non tutta la modernità è negativa, anzi. Per parlare di tecnologia per esempio, avere un computer a bordo durante una regata e avere videocamere ovunque sulle barche, ci ha fatto emozionare e vivere notti insonni inseguendo Luna Rossa o New Zealand, oppure avere a bordo durante la crociera un plotter di navigazione in 3D con la descrizione minuziosa del fondale, ci ha fatto passare tutte le paure di una navigazione notturna e via dicendo. Che dire ora della nuova tendenza che segue quella dell’auto?
Siamo in dirittura d’arrivo per l’ormeggio assistito. Sì avete sentito bene: ormeggio assistito. Come un parcheggio con l’auto. Sempre più aziende, (molte italiane) stanno trasferendo la collaudata tecnologia di assistenza al parcheggio, sulle nostre barche. Iniziato in sordina nel 2010 in Germania, nell’arco di neanche un decennio siamo arrivati ad un sistema di controllo totale dell’imbarcazione sia a vela che a motore, il tutto con l’ausilio di un piccolo controller che prende il comando al posto nostro e infila la barca nel posto più stretto anche con vento forte ed è efficace sia con barche a vela che a motore. Agisce controllando sail-drive, eliche di prua e motori, interfacciandoli con un gps di ultima generazione con precisioni millimetriche.
Sarei curioso di provarlo...
Ancora una novità. E si parla (per fortuna ancora) di ambiente. Noi tutti amiamo il mare, almeno credo, sennò non saremmo qui e ci fa male vedere quanto l’abbiamo depredato e vilmente offeso nell’arco degli ultimi 50 anni. Ora per fortuna, vuoi per moda, vuoi per necessità, c’è una differente percezione del problema e una grande eco mediatica che nasce e si sviluppa sui social per diventare poi di dominio pubblico. Vorremmo tutti un mondo plastic free e siamo d’accordo, ma poi navighiamo su blocchi di plastica composita che non si distrugge neanche con una esplosione termonucleare. (Battuta... non me ne vogliano i fisici). Allora direi che la rivoluzione deve partire proprio da noi che compriamo le barche. E non si ergano ad ambientalisti i velisti che è vero non usano il motore ma usano barche con una filiera di costruzione e smaltimento (anche delle vele) che fa paura. Tutti siamo in ballo, dal surfista, al canoista, all’armatore del 60 metri.
Andiamo in giro per mare con mezzi altamente inquinanti e poco importa dove vengono prodotte, qualcuno ci deve lavorare con la fibra di vetro e le resine.
Ora, dopo questa premessa, vorrei condividere una buona notizia. Dall’iniziale spiraglio ed esperimento, le fibre naturali stanno entrando nell’ottica di una prossima linea produttiva più al passo con i tempi e al passo con coscienze ambientali più sensibili.
Per fare solo un esempio, al Vela festival di Santa Margherita (Ge) qualche settimana fa, era presente una barca prodotta da un team di lavoro del politecnico di Torino, il cui progetto prevedeva per la costruzione, un apporto di almeno il 50% di materiale riciclabile o naturale. (lavorano ad un progetto al 70%) Ebbene lo skiff prodotto è fatto con fibra di lino e resina. Il lino, quello dei vestiti, è una fibra naturale con molte qualità tra le quali la stabilità e la rigidità, poi balsa e sughero saranno i materiali del futuro per i sandwich e non ultime come importanza arriveranno tra poco resine naturali a base di gusci di anacardo.
Incredibile ma vero! Un milione di tonnellate l’anno di gusci di scarto, vengono eliminate costituendo anche un problema di smaltimento non indifferente. Con il sistema brevettato da un’azienda italiana, sarà possibile trasformare questi scarti naturali in una resina.
Anch’io sono rimasto molto sorpreso, piacevolmente. Questo ci fa ben sperare per una prossima generazione di utenti del mare più attenta e sensibile alle conseguenze della nostra navigazione.
Altre info sulle resine naturali qui: https://www.italiaatavola.net/articolo.aspx?id=12362
Marco Scanu, diplomato al nautico, conduttore imbarcazioni, si occupa di comunicazione soprattutto in campo nautico.