Ricordiamo tutti la mitica figura di Ulisse legato all’albero della sua nave a vela per resistere ai canti delle sirene. Ma senza bisogno di ricorrere alla mitologia e non dovendoci neanche difendere da qualche canto ammaliatore vediamo insieme alcune notizie sulla Jackline (anche se molti la chiamano erroneamente Life-line).
La Jackline è una linea di sicurezza che impedisce di cadere fuoribordo con tutte le conseguenze del caso. In pratica si usa solo nelle navigazioni a vela con mare formato anche se il suggerimento è di indossarla sempre quando si è soli. Basta poco, anche di giorno e con mare calmo per scivolare e vedere la nostra barca allontanarsi.
Come per una linea di ancoraggio o di ormeggio, le linee sono costituite dalla giunzione di diversi elementi ed è proprio la disomogeneità o il sottodimensionamento anche solo di un elemento a creare criticità.
La Jackline è costituita da una linea ancorata alla barca, un penzolo (Link o cordone ombelicale) di collegamento con il nostro imbrago. 3 elementi.
Se fino a qualche anno fa la linea fissata alla barca era d’acciaio, negli ultimi tempi si è decisamente passati alle fibre sintetiche per motivi di peso, durata, elasticità e prestazioni. Al momento le più economiche sono in cinghia di poliestere cucita con una imbastitura colorata che ne rivela eventuali stress. Le estremità sono piegate ad anello in modo da fissarle con una bocca di lupo. Se invece cercate delle linee di ultima generazione, le potete prendere in Dyneema o Spectra (polietilene ad alta densità) risparmiando sul peso e allungando la resistenza agli UV (il poliestere notoriamente è più sensibile al sole).
Possibilmente non sulle gallocce che non nascono per quello scopo, anche se sono il punto fisso più robusto. Direi che se avete una barca a norma, le categorie CE “A” e “B” prevedono, già in fase costruttiva, dei golfari inox contropiastrati di dimensioni adeguate (minimo 6 mm) sia a prua che a poppa. La linea dovrebbe passare più internamente possibile, (dentro le sartie) da entrambi i lati, e, a prua potrebbe essere anche unica dal pulpito all’albero se non avete una barca enorme. Una specie di “Y”. Il moschettone di aggancio alla linea dovrebbe essere di quelli nautici con sistema anti apertura, mentre quello al petto dovrebbe essere di quelli a sgancio rapido anche sotto sforzo. Il link o il penzolo di collegamento con il nostro imbrago non dovrebbe superare la lunghezza di 150 cm in modo da impedirci di finire fuori bordo e rimanere appesi o peggio, finire in mare ed essere trascinati dalla barca (situazione ad alta criticità). Il materiale del link potrebbe essere lo stesso della linea. Dyneema o Spectra con o senza elastico di ritenuta.
E per finire, il nostro imbrago che deve essere assolutamente di livello identico agli altri elementi per evitare sorprese. Ricordate che il peso da calcolare non sono i vostri 80/100 kg ma almeno 1.500/2.000. Sì avete letto bene! 2 Tonnellate! Questo è il vostro peso in caduta.
Vi sono come sempre diversi marchi e modelli dai 20 euro in su... ma sulla sicurezza come sapete è meglio non risparmiare ed evitare il “fai da te”.
Oltre all’attenzione posta alla cintura di sicurezza, occorre tenere presente che nessuno di noi, o quasi nessuno si è mai trovato nelle condizioni di affrontare veramente un’emergenza. In teoria sappiamo tutto, ma in pratica?
Avete mai sollevato una zattera di salvataggio dal gavone di poppa? Anche con mare grosso e scene di panico?
Cosa prendere dalla barca in quei pochi momenti che abbiamo a disposizione?
Che fare in caso di incendio?
Come salire a bordo della zattera? Come disporsi all’interno?
Come lanciare un “May Day”?
Che differenza c’è con il “Pan Pan” o con un “securitè”?
Come affrontare le avarie? E un intervento di primo soccorso?
Insomma le situazioni di emergenza possono essere di diverso livello e gravità. Purtroppo ogni tanto qualcuno ci rimette la vita come è accaduto intorno a Pasqua al velista francese che partito da Santa Maria Navarrese (Nu) in direzione Porto Corallo (Ca) con burrasca in corso da Scirocco. (Onda di 4 metri sul muso). Arrivato all’imboccatura del porto ha dovuto traversarsi per entrare. Era a secco di vele, solo col motore... la barca con un frangente si è rovesciata e ha disalberato. Lui è stato sbalzato in mare, la moglie ha ruzzolato sottocoperta. Lui non è più riemerso nonostante indossasse il giubbotto di salvataggio. Perché è finito in mare? Non era legato? Perché è partito nonostante il meteo? Non lo potrà raccontare a nessuno purtroppo.
Sarebbe il caso che chi naviga per davvero frequentasse un corso di sicurezza in mare per non trovarsi poi nell’emergenza senza le idee chiare.
Marco Scanu, diplomato al nautico, conduttore imbarcazioni, si occupa di comunicazione soprattutto in campo nautico.