L’impianto elettrico è il cuore pulsante della nostra barca. Ad esso sono collegate gioie e dolori della navigazione nonché una serie di avarie importanti fino a quella più temuta, l’incendio a bordo. E’ vero che non tutti gli incendi sono causati dal malfunzionamento dell’impianto elettrico ma la maggior parte senza dubbio lo sono.
Così come è vero che la quasi totalità dei rimorchi o dei traini sono dovuti o alla mancanza di carburante ma anche alla mancata partenza del motore per problemi elettrici.
Quindi direi che un occhio di riguardo va sempre dato, così come una revisione ogni anno. Perché una cosa è non riuscire a far partire il motore la mattina in porto, e al limite si rischia solo una brutta figura con gli amici e una giornata in spiaggia, un’altra invece è non riuscire a partire quando il meteo butta male e abbiamo fretta di rientrare.
A me è capitato talvolta di rimanere bloccato presso qualche baia dell’arcipelago della Maddalena per i capricci di un impianto elettrico con una approssimativa manutenzione. (Meno male avevamo due motori).
È vero era una barca d’epoca a benzina del 1970 ma qualche ora di vacanza è stata buttata.
Attenti anche ai cantieri che vi fanno la manutenzione.
Normalmente se non siete l’armatore con la barca più grossa, alcune cose è meglio che ve le controlliate da soli in quanto la maggior parte dei lavori è programmato per la primavera e se la stagione parte subito con belle giornate e caldo già da maggio, vi troverete a ritirare la vostra barca a luglio o giù di lì con il cantiere ingolfato e i lavori fatti in fretta e male.
Un impianto elettrico di una barca non si discosta molto da quello di un’automobile. È composto dal cuore energetico che è la batteria o le batterie, un alternatore per la sua ricarica ed una serie di utenze, dal motorino di avviamento , le luci e i servizi di bordo ecc...
Vediamoli nei dettagli.
È buona norma disporre almeno di due batterie a bordo. Una dedicata solo all’avviamento e quindi collegata solo al motorino e al massimo all’elica di prua e al salpa ancore, e l’altra per i servizi di bordo.
La prima dovrà essere adatta a enormi carichi per brevi periodi, mentre quella di servizio dovrà essere utilizzata per lunghi periodi con poco carico, luci, plotter e servizi vari. Entrambe però, ovviamente in ingresso, saranno alimentate dall’alternatore e da un caricabatteria a 220 (ovvio, da utilizzare in porto).
In caso di acquisto di batteria nuova, il calcolo della potenza è semplice, basta sommare il consumo delle utenze e moltiplicarlo per il numero di ore che si suppone possano rimanere in funzione. Dopodiché si moltiplica per due in maniera tale da non sfruttare mai completamente la nostra riserva energetica.
È buona norma anche disporre di stacca batterie da inserire a fine navigazione per evitare che qualche dispersione ci faccia brutti scherzi soprattutto se sappiamo di non dover utilizzare la barca per qualche tempo.
Se avete una barca a vela avrete necessità di batterie più capaci e alternatori più potenti visto l’uso marginale del motore.
Il mercato oggi offre almeno 3 tipi di batterie: la AGM ideali per avviamento, GEL / LITIO per i servizi.
Quelle al litio costano il triplo ma sopportano 5000 cicli di ricarica contro il migliaio di quelle a GEL. Fatevi quindi due conti in base all’utilizzo della barca, alle temperature di stoccaggio (incide sulla longevità).
Qualora in barca aveste necessità di prese a 220 volts ecco che vi serve un buon inverter che ha come limite però la capacità della batteria dalla quale dipende. Ha il pregio di essere di dimensioni e peso ridotte.
Se il vostro bisogno di corrente è notevole e non vi volete privare di nessuna comodità a bordo, come condizionatori, tv, continue docce o uso della cucina ecc... allora sarà meglio pensare ad installare un generatore che è più affidabile di un inverter e non ha limiti di utilizzo se non quelli del carburante che consuma.
Di contro per quanto sia silenziato, alla fine il suo rumore non si concilia con i silenzi delle baie e anche le sue dimensioni sono decisamente superiori a quelle di un inverter.
Il diametro dei cavi che arrivano alle nostre utenze deve essere proporzionato all’assorbimento previsto.
Normalmente su usano diametri da 2,5 mm per le utenze “pesanti” tipo motorini vari (autoclave, avviamento, inverter, generatori, condizionatori, luci ecc... e diametri minori per utenze “leggere” come tutta l’elettronica, plotter, quadri, ecoscandaglio, GPS, radar, radio VHF ecc...
Il diametro sbagliato (quando è troppo piccolo) tende a surriscaldare e a creare problemi di corto circuito o di principio di incendio, se troppo grande assorbe inutilmente corrente.
Fatelo fare da un elettricista fidato.
Per la protezione dell’impianto di cui avrete cura di conservare lo schema insieme ai documenti di bordo, sono necessari dei fusibili che contrariamente a quanto si pensa non proteggono l’utenza ma il surriscaldamento dei cavi.
Esistono quelli con filamento, che sono sacrificabili usa e getta (conservatene una buona scorta) e quelli magnetotermici che si staccano da soli all’aumentare della temperatura per la quale sono tarati ma sono riarmabili con un clic (previo ripristino del guasto) e hanno una qualità ed una durata decisamente superiori.
Altra protezione importante è lo stacca batteria già menzionato.
Il nome indica il suo scopo, quello di preservarne la carica quando si termina l’uso. In genere quando si è rientrati dopo aver lavato la barca, si stacca e si passa a terra il cavo per collegare il nostro caricabatteria alla centralina a 220 in banchina.
Visto che normalmente la barca rimane almeno una notte collegata a terra, non sarà necessario un caricabatteria potentissimo, ne basterà uno con una potenza pari al 25, 30%.
Anche in questo caso, la scelta iniziale di materiali di buona qualità e una manutenzione regolare, farà la differenza.
Marco Scanu, diplomato al nautico, conduttore imbarcazioni, si occupa di comunicazione soprattutto in campo nautico.