Qualche tempo fa mi comprai on line un braccialetto (che ho ancora) venduto a scopo benefico da un’organizzazione internazionale dedita alla raccolta di plastica dai mari.
Mi sono sentito orgoglioso (e ancora lo sono un po’) di questo piccolo gesto che, se amplificato a livello globale, potrebbe dare una vera spinta verso la soluzione dell’emergenza plastica.
Il pianeta è intriso di plastiche di tutti i generi e dagli anni 60 (scoperta e boom di produzione) la produzione del materiale incriminato si è moltiplicata di venti volte trasformandosi in un problema urgente e serio dal quale nessuno si affranca, anche perché le microplastiche entrano nella catena alimentare e ce le mangiamo tutti.
Tutto è plastica intorno a noi e senza questo materiale intelligente (scoperta italiana) il mondo si fermerebbe in poco tempo. lo stesso computer che avete sotto le mani in questo momento cesserebbe di funzionare se si rimuovessero tutte le componenti di plastica. Poi guardatevi intorno: dalla vostra barca, le vele, la vostra auto e la vostra casa, tutto è plastica e tutto alla fine finisce in discarica.
Prima di affrontare l’argomento vorrei soffermarmi sulle tipologie di materiali plastici presenti nella vita quotidiana:
Le materie plastiche si dividono in termoplastiche, termoindurenti ed elastomeri.
I primi si ottengono con il processo della formatura a caldo che può essere eseguito più volte sullo stesso materiale, senza che si alterino le sue caratteristiche originarie.
Questa caratteristica fa sì che siano facilmente riciclabili.
Alcuni esempi sono il LDPE, polietilene a bassa densità, il HDPE, polietilene ad alta densità, il PET, polietilenereftalato come quello usato per le bottiglie per bibite o alimenti, il PVC, polivinilcloruro per i tubi o gli isolanti elettrici e tanti altri.
I termoplastici hanno malleabilità, cioè possono essere ammorbiditi con il calore, quindi modellati per formare oggetti; con il raffreddamento tornano rigidi; anche questo processo può essere eseguito più volte.
Gli elastomeri invece hanno elevata deformabilità.
Sono resine che si dividono in:
Sicuramente avrete riconosciuto molti dei materiali usati quotidianamente da tutti noi e che, se non correttamente smaltiti, sono la causa di disastri ambientali epocali. Purtroppo sono stati ritrovati microplastiche sia nella fossa delle Marianne che sui ghiacciai dell’Himalaya. Nessun luogo è lontano per la plastica.
Ultimamente poi, complice, per fortuna, una maggiore sensibilità al problema se ne parla sempre più. Non importa se sia ipocrisia, acchiappa click o demagogia, di fatto se ne parla e qualcosa inizia a muoversi. Alcune catene di market iniziano a non vendere più gli “usa e getta” e così anche qualche ristoratore o bar.
Fa ben sperare per un futuro più cosciente, ma siamo ancora lontani non solo dalla soluzione ma anche dall’inversione di tendenza.
Tant’è che se da una parte la politica inizia a muovere le prime leggi in materia di plastic free, dall’altra obbliga per esempio mense di comunità, ospedali, asili ecc... ad usare stoviglie e posate “usa e getta”. Il paradosso più completo. È un sintomo di un pianeta che si sta ribellando molto più velocemente di quanto il genere umano non riesca a controllare, anche perché, come è noto, intorno alla plastica gravitano interessi e denari da paura.
Al mare e all’ambiente però, per fortuna, dei denari non importa niente e il mare inizia a presentarci il conto. Vorrei farvi leggere quanto dicono i pescatori, coloro che del mare campano, in questa intervista di qualche mese fa:
“ ...L’inquinamento dei mari è solo uno degli aspetti, e neppure il più grave, dell’invadenza della plastica. Occorre dunque riportare alle giuste dimensioni il fenomeno ed approntare una seria e coerente politica di salvaguardia dell’ambiente e dei mari.”
“Si tratta” - dice Raffaele Viggiani, Presidente di Assoittici Confesercenti - “di affrontare con serietà il problema e al tempo stesso di frenare tutti questi allarmismi e dati che vengono forniti all’opinione pubblica che rischiano di denigrare un prodotto e un settore come quello Ittico che per un paese come l’Italia, in ragione della sua posizione geografica, è fondamentale. Se da un lato bisogna combattere e sanzionare i comportamenti scorretti e l’uso sconsiderato di plastica, dall’altro occorre evitare che passi il messaggio che tutta la plastica prodotta venga scaricata in mare. Sappiamo bene che in realtà è un problema generale, tant’è che la nostra categoria e Confesercenti spinge da anni perché alla produzione siano usati materiali biodegradabili, quando non carta riciclata. La verità è che sull’ambiente e sui rifiuti si sta giocando una partita miliardaria, ma non può essere scaricata sulla parte più sana del ciclo produttivo, quello ittico, perché se c’è una cosa incontestabile è che il mare è trasparente e non può nascondere niente. Omissis... Siamo alla disinformazione e/o alla strumentalizzazione delle problematiche ambientali, con grave danno per i cittadini e gli operatori economici.”
La materia proprio perché riguarda il mare e il pianeta, assume una valenza sopra nazionale e investe l’Unione Europea. Sappiamo che l’UE sta discutendo di vietare la commercializzazione i numerosi prodotti di plastica usa e getta. Questo contribuirebbe a contrastare anche le Fake news. Speriamo che facciano presto e stabiliscano norme severe perché dagli anni Sessanta la produzione di plastica è aumentata di venti volte. L’UE deve limitare l’uso dei prodotti che inquinano di più come posate, piatti e bicchieri di plastica, le cannucce, i cotton fioc in plastica. In questo modo si ridurrebbe – senza alimentare allarmismi – il 70 per cento dell’inquinamento marino globale.
“Il divieto di commercializzare prodotti di plastica usa e getta- continua Viggiani- contribuirebbe in parte a diminuire la diffusione delle microplastiche che sono molto dannose per gli oceani e , ovviamente, per il nostro mare, considerato che l’Italia è geograficamente contornato dal mare e che ha nella filiera ittica una risorsa fondamentale, essendo il nostro pescato qualitativamente il migliore di tutta Europa” - (Fonte Assoittici)
Per quanto riguarda la vita domestica, eliminare l’acqua potabile in PET. Preferire il vetro o addirittura il rubinetto! Sì avete sentito bene! L’acqua del rubinetto! Quando lo dico che noi (6 persone) beviamo da 10 anni acqua di rubinetto non mi credono. Ebbene io ne vado fiero, abbiamo risparmiato all’ambiente 20.000 bottiglie di PET. Mica poche, moltiplicatele per solo 10.000.000 di persone e fate due conti.
Sì ma l’acqua del rubinetto non è buona! A parte qualche caso sporadico dove viene clorata troppo e non ha un buon sapore, nella stragrande maggioranza dei casi è solo un luogo comune. Io ho fatto un esperimento con alcuni amici che sostenevano la cattiva qualità dell’acqua pubblica (Liguria). Ho preso tre bottiglie di acqua minerale di tre marche diverse, ho messo tre bicchieri davanti alle bottiglie e li ho riempiti con un po’ di acqua invitandoli a scegliere la migliore.
Dopo qualche tentennamento, le due persone coinvolte sono risultate concordi su una marca, indicandola orgogliose. Quella è la più buona. Ottima.
Ebbene ho confessato loro che nessuna delle tre acque assaggiate era di quelle bottiglie, ma tutte e tre i bicchieri sono stati riempiti con acqua di rubinetto.
Piccolo esempio di come può essere influenzato il nostro giudizio dal preconcetto e dalle convenzioni sociali.
Dopo questo piccolo esempio domestico, possiamo pensare a cosa possiamo fare in barca.
Primo fra tutti evitare le stoviglie “usa e getta” ma usare quelle fornite o acquistarle. Poi laveremo i piatti certo, ma daremo una mano all’ambiente.
Cosa usare per l’acqua da bere? Esistono i boccioni (tipo quelli degli uffici americani) che riducono sensibilmente il PET e che poi possono essere travasati in un paio di bottiglie in vetro da mettere al fresco, oppure usare un serbatoio dedicato da risciacquare con appositi prodotti o meglio con acqua e sale grosso, o meglio con acqua e aceto.
D’altronde si andava in barca anche prima della scoperta della plastica. E si andava anche per diporto già dalla fine del 1800. Quindi direi che abbiamo precedenti.
Ad ogni modo, la conoscenza dei materiali e una più addestrata coscienza ambientale da applicare nella vita di tutti i giorni (vestiario poliestere free) creerà i presupposti per una nuova generazione di utenti del mare ma soprattutto utenti del nostro meraviglioso pianeta.
Marco Scanu, diplomato al nautico, conduttore imbarcazioni, si occupa di comunicazione soprattutto in campo nautico.