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CORSO VELA: Capitolo 1

VELA MINIMA: IL VOSTRO CORSO DI VELA A PUNTATE

Tutto quello che dovreste sapere



Premessa dell'autore.

Salute a voi futuri velisti!
Prima ancora di analizzare e sviluppare in maniera spero piacevole e talvolta divertente i vari soggetti che compongono questo manuale, volevo brevemente spiegare perché l’ho scritto.
Con tutti i trattati, i romanzi, i documenti, i cenni, i diari di bordo, i libri vari che esistono in commercio, non poteva mancare uno scritto che affronta l’argomento non con lo stile asciutto e asettico tipico dei tecnici, non con la freddezza di cronaca di un diario di bordo o con la seriosità e la pesantezza di un testo teorico, ma con uno stile simpatico, fresco, vivace e facilmente assimilabile  - grazie ad alcuni accorgimenti mnemonici – condito inoltre con una sottile vena di humor, così essenziale per affrontare e superare in scioltezza i problemi quotidiani, vela compresa.

 

CAPITOLO 1 - PERCHÉ LA VELA




Come vedete non è una domanda.
Da secoli gli italiani sono considerati un popolo di navigatori, di santi e di eroi ma, sperando di non aver mai bisogno degli eroi, sorvolando sui santi, rimangono solo i navigatori. E se da questi sottraiamo quelli che hanno i panfili ma li fanno condurre dall’equipaggio, in effetti quelli che rimangono sono una sparuta minoranza, dai quali dobbiamo ancora sottrarre quelli che, per vari motivi, la barca la usano due domeniche all’anno o giù di lì. Veramente pochi, rispetto alle flotte di naviganti a vela in Francia o in Inghilterra, per non parlare della Nuova Zelanda, dove la Vela è sport nazionale in presenza di una orografia e una situazione climatica molto simile alla nostra.
Ritengo quindi che abbiamo ancora la possibilità di crescere, e molto, dal punto di vista nautico visti gli esempi menzionati  e visto le migliaia di Km di costa a disposizione che si affacciano su un mare come il Mediterraneo. E la nautica in Italia è in crescita da almeno 4 anni. (fonte UCINA 2018)

 



Un po’ di storia (ma proprio poca).

Prima di entrare nei meandri della materia, permettetemi un breve escursus sul passato, che sarà utile anche a voi.
Come ben sapete, il vento è energia e come tale non passò inosservato neanche ai popoli antichi che cominciarono a sfruttarlo per loro tornaconto. Imbarcazioni e mulini vennero impiegati per poterlo “domare” e utilizzare.
Così, per ciò che riguarda le imbarcazioni, a partire dagli Egiziani, dai Vichinghi, fino allo Yachting moderno, c’è stato un susseguirsi di innovazioni e miglioramenti.
Ma il grande salto di qualità si fece quando si rivoluzionarono le forme delle vele, abbandonando o quasi quelle quadrate (nate solo per gli alisei portanti)  e facendo posto a quelle triangolari (copiate da indigeni che per millenni avevano usato solo quelle) che, vista la loro forma e il modo in cui venivano armate (montate), permettevano di risalire il vento, cosa che fino a quel momento era stata pressoché impossibile; avrete infatti sentito spesso di velieri che, per salpare (gergo che intende il salpare dell’ancora, cioè partire), aspettavano i venti favorevoli. Da quel momento in poi (siamo tra il 1700 e il 1800) i maestri d’ascia e gli architetti si sbizzarrirono a scegliere i compromessi migliori tra vele triangolari (possibilità di risalire il vento) e vele quadre (grandi superfici esposte per il vento a favore) e nacquero così le navi:

 

Le navi a Palo

 

I Brigantini

 


Le Golette



Per non parlare poi delle modifiche a livello locale che richiederebbero troppo tempo e spazio. Ne ricordiamo solo due:


Lo Sloop Bermudiano (siamo già nel 1880)


          


La Vela Latina (Gozzo Mediterraneo)




A confermare la validità delle loro scelte, la Goletta Atlantic all’inizio del secolo (1905) stabilì un record nell’attraversare l’Atlantico che ha resistito ben 75 anni fino cioè al Giugno 1980 quando fu battuto dal trimarano “Paul Ricard” condotto dal mitico Eric Tabarly.
Col passar del tempo, le navi a vela scomparvero per lasciare posto al vapore col quale vissero una difficile e precaria simbiosi per qualche decennio.
Oggi la Vela non ha più posto nello scambio commerciale (se non in limitatissime realtà) ma, rimanendo inalterato il suo fascino, la sua sfida continua, il suo contatto con gli elementi, rimane passione di molti, che la utilizzano per diporto, cioè per piacere personale (senza fini di lucro... o quasi). Nasce lo Yachting moderno.
Ma se è vero che non troverete più uno Yacht a vele quadre, è altrettanto vero che il retaggio trasmessoci dai navigatori dei secoli scorsi è materia indispensabile per noi oggi.
Col passare del tempo e con l’accresciuta esperienza, sarete in grado senza difficoltà di distinguere a colpo d’occhio, diversi tipi di “armo velico” (intendendosi per tale la diversa attrezzatura necessaria per avanzare) come per esempio un “armo” (o armamento) a Sloop.

 

Uno a Ketch (due alberi)


 

Uno a Cutter (albero singolo ma doppia vela davanti)



Riuscirete inoltre a riconoscere un armamento in testa d’albero:

Da uno a 7/8 (più corsaiolo):


Fino a questo momento ho volutamente usato solo termini a voi conosciuti o per lo meno semplici concetti. Da ora in poi è richiesta un po’ di attenzione e, se necessario, l’utilizzo di una ricerca  per ogni termine nuovo (qualora non spiegato) o, eventualmente la consultazione del piccolo glossario nelle ultime pagine.

 



Barche Plananti e Barche Dislocanti.

La resistenza maggiore all’avanzamento di una barca in genere (quindi anche a vela) è la sua onda di prua (°), che ha una stretta relazione con la forma della carena (°) e la sua velocità. Quando una barca, in virtù di questi due elementi bel calibrati fra loro, riesce a superare (o scavalcare) la propria onda di prua, si dice che “plana”.
 

Scafo Dislocante                                                                                                                        Scafo Planante

 



Mentre per le barche di grosse dimensioni, è possibile planare solo a certe condizioni (vento molto forte, onde grosse e lunghe, equipaggio esperto), per quelle piccole e leggere, favorite dalla assenza di zavorra fissa (°), ciò è possibile quasi sempre, a patto che ci sia un vento accettabile e una accurata distribuzione dei pesi di bordo (equipaggio). Sono proprio queste barche piccole e leggere, chiamate derive, (dal nome dell’accessorio mobile che gli impedisce di “derapare”, traslare o più propriamente “scarrocciare” sotto l’effetto del vento) che consentono a tutti di provare le emozioni della vela in maniera semplice e divertente.
Tra le più conosciute, vogliamo ricordarne alcune:
Laser; 470; Finn; Flying Dutchmann (F.D.) la regina che nel ’93 ha perso lo scettro olimpico, Flying Junior (F.J.) 420, Optimist, Laser 2 ecc … per arrivare agli acrobatici Fortyniners e la generazione degli skiff  (di derivazione australiana) come i laser 4000, 5000 e buona parte dei Topper inglesi o forse barche scuola come i laser 16, Stratos,  i vecchi Caravelle, Tridenti, eccetera eccetera. Negli ultimi anni la tendenza dei “velocisti” è quella del foil, una speciale pinna inserita nella deriva e nel timone che consente di far uscire lo scafo dall’acqua e azzerare gli attriti.

Ma quale comprare per iniziare?
Non una nuovissima per non rovinarla o quantomeno per non sprecarne le potenzialità; inoltre non siete ancora certi che vi piaccia la vela o quel tipo di classe (anche perché sono soldi …) quindi un buon usato sarà preferibile. Non dovrebbe essere stata costruita artigianalmente (pena l’impossibilità di rivenderla, i “polli” ormai scarseggiano).
Potete con fiducia affidarvi a una di quelle menzionate sopra o, comunque, alla più usata nella vostra zona (vi divertirete di più) in ogni caso, all’atto dell’acquisto fatevi accompagnare da un amico esperto e disponibile.

Sai Rispondere?
Che differenza c’è tra vele quadre e vele triangolari?
Che differenza c’è tra uno scafo planante e uno dislocante?
Cos’è la planata?

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Marco Scanu, diplomato al nautico, conduttore imbarcazioni, si occupa di comunicazione soprattutto in campo nautico.



  • Pubblicato il
  • 15/03/2019

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