L’ambiente di una barca da diporto è di per sé un ambiente dove prestare massima attenzione per una serie di motivi che passeremo in esame:
La coperta della nostra barca in genere è in vetroresina. Dalla stampata di produzione, la stessa viene dotata di una superficie antisdrucciolo ma, (ahimè) col tempo e con il calpestio, nonchè con l’uso di prodotti di pulizia poco adatti, o con superfici unte dal gasolio o da altre sostanze, finisce per perdere il proprio potere. Se a questo aggiungiamo gli spruzzi che la bagnano in continuazione ecco che avremo una saponetta. Gli spazi sono ristretti, gli ospiti talvolta sono in mezzo ai piedi, il parabordo che ci siamo dimenticati ed ecco che capita. Scivoliamo. Niente di inglorioso intendiamoci, è capitato a tutti. Se scivolando cadiamo in barca poco male, rimedieremo una botta da qualche parte e qualche livido, ma se cadiamo fuoribordo, alè. Il gioco è fatto. Non è un evento così raro, credetemi, soprattutto se andate a vela dove il movimento in coperta è continuo. Ora diventa assolutamente indispensabile che a bordo ci sia un’altra persona che possa quanto meno togliere gas e mettere in folle, se siamo a motore, o andare al vento e fermarsi prua al vento (la vedo più difficile in caso di imbarco di ospiti “cittadini”).
Ma se siete soli in barca? Bel guaio davvero. Se siete in alto mare, le speranze di sopravvivenza sono legate all’abbigliamento che indossate e alle eventuali attrezzature di localizzazione che avete. Ma le chance non sono, purtroppo, molto alte.
Regola base per le navigazioni in solitario, indossare sempre la cintura, anche in estate e col bel tempo. Se avete il pilota automatico e voi finite in mare, anche in estate, col sole e il caldo la vostra bella barca se ne andrà e voi potrete solo guardarla.
La barca si muove su un mezzo instabile e caotico. L’acqua. Non ha un ritmo fisso ed è soggetta sia al beccheggio (oscillazioni lungo l’asse trasversale) che al rollio (oscillazioni lungo l’asse longitudinale) e quasi sempre alla somma dei due. Questo movimento continuo, con il contributo generoso delle scie delle altre barche, renderà il nostro mezzo, specie se piccolo, una specie di tagadà gratuito. L’instabilità è causa di cadute, infortuni e mal di mare. Specie se unita alla coperta scivolosa. Mettete sempre le scarpe (non risparmiate) e ricordatevi in caso di lavori o manovre: una mano per la barca e una per voi. Tenetevi sempre.
Le scarpe vi torneranno utili oltre che per avere il grip necessario, anche per evitare di ferirvi i piedi. (il sottoscritto in una sola stagione si è rotto il terzo dito di entrambi i piedi su un motoscafo in due occasioni diverse), infatti nelle manovre qualche volta bisogna fare in fretta, vuoi per il vento, vuoi per un vicino poco attento e vuoi anche per una impostazione approssimativa della nostra manovra e con la fretta aumentano i rischi di urtare gallocce (tremende), passacavi, prese d’aria, winch, rotaie ecc…
Proteggetevi dal sole, sembra banale ma purtroppo è così comune ancora vedere persone prendere il sole dalle 12 alle 16, il peggiore in assoluto. In mare le cose si complicano ancora di più perché c’è il riverbero dell’acqua che accentua la luce. Quindi protezione sulla pelle obbligatoria ma non crema perché ungereste la già scivolosa coperta, meglio una maglietta chiara e dei pantaloni leggeri. Con le ustioni non si scherza. Per gli occhi NECESSARI gli occhiali (Polarizzati, ne abbiamo già parlato) e il berretto con visiera che mette il viso proprio all’ombra. Gli occhiali poi saranno una ulteriore protezione contro gli urti accidentali (vi lanciano una cima). Rigorosamente tutti in plastica.
Bene, siamo riusciti ad arrivare in rada e a fare il bagno collettivo. A bordo non dovrebbe mai mancare: ammoniaca, ghiaccio, pomata cortisonica, oltre alla cassetta di pronto soccorso.
Non è per farvi paura, ci mancherebbe, ma in mare talvolta, ci sono meduse e in pozzetto mentre mangiamo (soprattutto prosciutto e melone) arrivano le vespe e sono sempre nervose. Sia con le une che con le altre bisogna stare tranquilli, le meduse non attaccano ma placidamente si fanno trasportare dalla corrente. Anche se le vediamo, talvolta non vediamo i lunghi filamenti urticanti (soprattutto quelle rosa, piccole) che sono lunghi anche un paio di metri. Nel malaugurato caso di un contatto, uscire subito dall’acqua, rimuovere il filamento e tamponare con ammoniaca per un paio di minuti. Poi un impacco freddo. Se la vittima è allergica rientrate subito a terra nel minor tempo possibile. Idem per la vespa. A me è capitato di soccorrere una signora che è stata punta da una vespa in gola. La vespa era nascosta nel prosciutto. È stato un momento di paura. Le ho dato un Calippo da tenere in gola e siamo andati al volo al pronto soccorso. Non eravamo in barca per fortuna ma in spiaggia. Ecco perché prevenire è sempre meglio.
Poi ci sono i pesci velenosi come la tracina o lo scorfano che hanno spine con un veleno molto potente e dolorosissimo. In questo caso serve un impacco molto caldo. Molto. Il veleno è infatti termolabile… (nella zuppa di pesce sono buonissimi).
P.S. Non sono un medico, informatevi presso gli appositi presidi. Le mie sono esperienze di lavoro sia come assistente bagnanti che come conducente imbarcazioni.
Marco Scanu, diplomato al nautico, conduttore imbarcazioni, si occupa di comunicazione soprattutto in campo nautico.