Bandiera estera o bandiera italiana?
Da qualche anno a questa parte, complice la nostra impareggiabile burocrazia, un esercito di diportisti ha pensato bene di trasferire (in maniera legale) l’immatricolazione della propria barca in registri esteri.
Nonostante ai più possa sembrare una fuga evasiva, così non è in quanto alla fine i soldi spesi sono più o meno gli stessi. Allora dove stava la convenienza?
Il vantaggio era unico in quanto a libertà di navigazioni e approdi senza l’asfissia di continui controlli. Non è storia nuova infatti vedere battaglioni di finanzieri, carabinieri, poliziotti, guardiacoste, forestali (davvero!!!) in agguato con gommoni, motovedette, quando non presenti su mezzi di terra, con auto, fuoristrada e via discorrendo.
La vacanza è una sola e va goduta e andrebbe passata in santa pace. Un controllo ci può stare e onestamente mi pare anche sacrosanto, ma prima dell’avvento del famoso bollo blu di barca controllata, era una continua esasperazione. Non appena arrivavi in un porto o calavi l’ancora in una baia, ecco che arrivavano senza tregua raffiche di controlli da tutti gli enti autorizzati (troppi).
Girava quindi la voce che la bandiera estera non prevedeva controlli in navigazione e neanche la patente (attenzione perché questa era una falsa informazione in quanto la patente, quando richiesta, è sempre stata necessaria per la navigazione a prescindere dalla bandiera – purchè sia UE -) e non venivano richieste neanche dotazioni particolari. Il tutto veniva affidato alla responsabilità di un comandante. In effetti molto più logico e soprattutto pratico. Ecco spiegata l’emorragia.
Migliaia di imbarcazioni venivano quindi “radiate” dai registri italiani per rinascere all’estero.
Strano popolo noi italiani, facciamo le più belle barche del mondo ma poi le facciamo scappare.
Ma ora la pacchia è finita. Da quest’anno infatti non sarà più possibile alcuna immatricolazione di imbarcazioni in Belgio o in Olanda (le più gettonate) perché per farlo occorre essere ivi residenti o che almeno uno dei soci proprietari sia residente o cittadino.
L’ordinanza nuova ha anche effetto un retroattivo che colpirà quindi anche le unità da diporto già immatricolate da italiani e da altri paesi UE. Le imbarcazioni inserite nel registro del Belgio, man mano che arriveranno al termine di scadenza dell’iscrizione (5 anni dalla data di registrazione), dovranno essere rimosse se non sussisteranno i requisiti richiesti dal nuovo decreto legge.
Ricordiamo tutti la cronaca che nel giugno 2018; a seguito dell’incidente diplomatico scaturito dal caso della nave dell’ONG Lifeline, alla quale l’Italia aveva interdetto tutti i porti, il Governo olandese ha sospeso le immatricolazioni di imbarcazioni straniere e ha revocato la concessione a chi già ce l’aveva. (Non si sa se per ritorsione o per nuove legislazioni) Tutto ciò ha portato alla luce in maniera chiara che in Olanda esistono 2 differenti registri d’iscrizione per le barche da diporto: il Watersportverbond, una specie di associazione che raccoglie i club nautici del paese e il Kadaster, vero e proprio registro navale con annotazione ufficiale della proprietà, dei diritti / doveri e la relativa burocrazia che ne consegue.
La maggior parte delle imbarcazioni italiane sono iscritte al Watersportverbond che non dà diritto ad una vera “immatricolazione” ma del rilascio di un semplice “International Certificate for Pleasure Craft”, che non determina l’appartenenza di bandiera come stabilito dall’art.9 della Convezione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Di conseguenza, l’Olanda non accetta nessuna delle responsabilità elencate nell’articolo 94 dell’UNCLOS, determinando quindi secondo la convenzione UNCLOS, che le unità iscritte al Watersportverbond sono imbarcazioni prive di nazionalità non protette dalla legge di alcun Stato.
Visti gli importanti cambiamenti di rotta dell’Olanda e del Belgio, e la necessità di molti diportisti italiani di tornare a sotto la bandiera nazionale, ricordiamo che i documenti necessari per legge al cambio di registro, oltre ai versamenti e ai bolli di rito, sono:
Certificato di cancellazione da richiedere all’ufficio di bandiera straniero.
Titolo di proprietà dell’imbarcazione, da esibire all’ufficio di iscrizione italiano
Visita iniziale ai fini dell’iscrizione e rilascio del certificato di sicurezza.
Come ultima considerazione sarebbe auspicabile che la guardia costiera si occupasse, oltre alla vigilanza e al soccorso, solo della parte tecnica delle pratiche diportistiche, per la quale hanno competenze ed esperienza, delegando a terzi la parte burocratica e amministrativa. Vederli scrivere a penna su fogli fotocopiati e sbiaditi, vederli armeggiare con tamponi, timbri e materiali da romanzo d’appendice in un’epoca veloce come la nostra, mette un po’ di tristezza. Basta guardare cosa viene richiesto per immatricolazioni nuove o dismissioni di bandiera, circa 10 documenti dei quali 5 sono versamenti a 5 conti correnti differenti con causali differenti, quando sarebbe l’ideale avere un modulo on line e poter fare pagamenti on line in una unica soluzione … ma come dicevamo all’inizio, se il diportista fugge, un motivo ce l’avrà.
Per maggiori informazioni sulle pratiche necessarie e sui relativi costi, sulla eventuale convenienza nella scelta alternativa di bandiera maltese o inglese, potete rivolgervi all’agenzia www.enave.it fonte del materiale esposto.
Inoltre è possibile consultate l’elenco aggiornato dei documenti sul sito della Guardia Costiera.
Qui per le unità CE
http://www.guardiacostiera.gov.it/normativa-e-documentazione/Documents/iscrizionece.pdf
Qui per le unità non CE
http://www.guardiacostiera.gov.it/normativa-e-documentazione/Documents/iscrizionenoce.pdf
Marco Scanu, diplomato al nautico, conduttore imbarcazioni, si occupa di comunicazione soprattutto in campo nautico.