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Il Teak, Uso e Manutenzione. Guida e consigli utili

Come trattare al meglio il Teak?



La costruzione navale commerciale e successivamente da diporto, ha sempre utilizzato legnami di varia durezza e pregio presenti sul mercato.

Riassumendone la storia possiamo dire che gli inglesi, maestri da sempre nella navigazione, a seguito delle loro razzie e conquiste in Asia e India, scoprirono dei legnami pregiati per la costruzione navale ed iniziarono ad importarli.

Così, dalle ossature in castagno, larice, olivo, quercia e rovere e dai fasciami e alberature in legni di abete, spruce, pino e douglas, tutte essenze europee, col tempo si è passati all’utilizzo di mogani ma soprattutto di teak. Le caratteristiche del teak sono uniche nel suo genere. È un legno durissimo, adatto anche per la costruzione di fortini (resiste alle cannonate) ed è inattaccabile dai parassiti. Per chiudere in bellezza, la stessa resina oleosa che lo protegge dalle termiti, lo rende anche eternamente impermeabile all’acqua.

Il teak è il materiale perfetto

Con l’avvento delle costruzioni in vetroresina, i legni, ormai diventati costosissimi, piano piano vengono eliminati e sostituiti da lamellari e compensati per poi essere quasi abbandonati. Un risparmio sicuro per l’ambiente, inoltre, i moderni costruttori e progettisti, oggi trasformano le barche in automobili e puntano a produrre simil-astronavi che con il fascino della navigazione classica hanno poco in comune.

Il teak, il più famoso legno per imbarcazioni è diventato ormai un puro fattore estetico. Ci si riveste le panchette del pozzetto, la coperta, la plancetta di poppa ecc … molto bello, sì, ma che si fa quando diventa grigio e brutto?


Il legno è come il vino. È sempre vivo ed è soggetto anch’esso all’invecchiamento da raggi UV.

Come riportare a nuova vita il teak

Prima di capire come riportarlo a nuovo, dobbiamo cercare di capire che provenienza ha. Infatti in base all’origine si presenterà con un colore e una consistenza diversa.
  • Il teak naturale da foresta, segato (Birmania, India, Thailandia);
  • Il teak naturale da foresta “morto in piedi” e poi segato. Vengono recise le vie di alimentazione della pianta con un taglio ad anello nella corteccia, operazione che, unita allo “svuotamento” provocato dalle foglie, accelera il processo di alleggerimento e morte dell’albero;
  • Il teak da piantagione: Costa d’avorio, Tanzania, Nigeria, Camerun, Togo, Benin;
  • Il teak di recupero da demolizioni. Va da sé che il teak naturale ha una colorazione e una ricchezza di olio uniche nel suo genere ma la deforestazione del nostro ambiente è un’urgenza dalla quale non possiamo sottrarci.
I primi due legni sono più scuri. Quello naturale addirittura può contenere venature bronzacee o verdastre. Gli altri sono più chiari e uniformi dal colore paglierino dato il clima diverso nel quale crescono (e non raggiungono mai gli invecchiamenti dei primi tronchi naturali che arrivavano al diametro di 2 metri e ad un’altezza di 30 o 40). Tutti conservano la caratteristica del “pelo”. Una sorta di sfibratura del legno stesso che assume le caratteristiche (microscopiche) di una peluria delicata.

Avrete senz’altro visto qualche film dove la ciurma, sotto le grida del comandante, strofinava i ponti dei velieri con spazzola e acqua di mare. Sicuramente un efficace metodo per pulire ma da non imitare in quanto i nostri inserti di legno oggi sono solo decorativi come dicevamo e spessi non più di qualche millimetro contro i 4 o 5 centimetri delle tavole di allora.

Il lavaggio va effettuato nel seguente modo:
  • Non usare idropulitrice o altri mezzi a pressione.
  • Usare solo acqua dolce per tutto il lavaggio unita ad una spazzola o spazzolone morbido da passare trasversalmente alla venatura per non creare solchi.
  • Alcuni usano dopo il lavaggio, bagnare con acqua di mare le fibre nuove in maniera tale da rallentarne l’essicazione che come è noto scurisce la fibra. In alternativa, la chimica ci viene incontro con una serie di prodotti specifici per il teak. Basta solo seguire le istruzioni per avere risultati eccellenti a dispetto comunque di una buona dose di fatica. Pulire una coperta non è una passeggiata in termini fisici ma i risultati sono fonte di grandi soddisfazioni.
Il Teak Wonder è uno dei migliori prodotti del mondo per la pulizia e la manutenzione del legno. Nella gamma troviamo dall’olio protettivo da dare su legni nuovi o riportati a nuovo dopo carteggiatura, agli impregnanti o schiarenti per zone ombrose da dare dopo il lavaggio.

Dalla ricerca dei laboratori è arrivato anche Semco Teak Sealer un prodotto unico. SEMCO Teak è, infatti, un sigillante a base solvente che contiene pigmenti, inibitori UV e protezione dall'umidità. Il sigillante SEMCO è realizzato in diverse tonalità visto che, come detto, esistono diversi tipi di teak.

Una volta applicato, il teak non diventerà grigio né permetterà alla muffa di crescere. Il teak può essere lavato con detergente delicato e con il riciclaggio stagionale il teak sarà conservato nel suo stato naturale per molti anni.

Abbiate cura di usare i prodotti all’aperto in luogo ventilato (sono a base di derivati del petrolio e abbastanza tossici) e non vi abbassate troppo per controllare il vostro lavoro. Usate piuttosto una spazzola con prolunga. Una volta ripristinata la superficie, non rimane altro che preservarla il più possibile.

Le macchie e i danni molto comuni dai quali proteggere il legno sono le seguenti:
  • Caffè;
  • Sangue. Basta un taglio, ma anche un tonno non scherza...;
  • Maionese, pomodori e alimenti vari;
  • Vino; • Scarpe da meccanico;
  • Fuoribordo appoggiato;
  • Vomito;
  • Unghie del cane;
  • Tacchi di scarpe.
Prevenire è meglio che curare, si sa, e nel caso del teak è ancora più vero.

Non c’è niente di più “brutto” di una coperta in teak “maculata o leopardata” da mille macchie mai lavate.

Marco Scanu, diplomato al nautico, conduttore imbarcazioni, si occupa di comunicazione soprattutto in campo nautico.



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